Le dirette televisive ci impediscono di dimorare nello Spazio.
Già fatichiamo a dimorare nel Tempo quando l’ansia ci proietta nel futuro e il ricordo ci ricatapulta nel passato. Per fortuna abbiamo il tempo interiore che ci salva, quello che, solo, ci garantisce la continuità del nucleo che ci abita e che sa di essere sempre lui a guardare la vita con gli stessi occhi di quando eravamo bambini.
Ma con le dirette televisive non riusciamo più nemmeno a dimorare nello Spazio. Avendo lì, davanti a noi, quello che succede in tutto l’altrove che non ci fa da nido, ci siamo abituati a uscire dal nostro corpo nutrendolo con le paure, le ansie, il dolore di chi è lontano e mai nella vita potremo incontrare. E abbiamo imparato a farlo fino quasi a confonderlo con il nostro privato senza avere mai mangiato un piatto di pasta insieme, ascoltato una sua confessione, accarezzando la sua mano, ricevuto uno schiaffo, un insulto, una parola di amicizia o di amore. Abbiamo imparato a respirare le disgrazie altrui fino a sentirci costretti a rinunciare alla nostra sensibilità per poter sopravvivere e smettere di avere paura, ansia, dolore per loro, per quello che vediamo in quello schermo.
Ma dove vanno questa paura, questa ansia, questi dolori che ci rimangono dentro?
E’ lontana l’impressione che tutti noi abbiamo vissuto quarantacinque anni fa di fronte al piccolo Alfredino Rampi caduto nel pozzo a Vermicino, oggi non potremmo farcela a contenere tutto quello che vediamo senza morire di una strana tipologia di dolore che dolore cosciente non é più e che invece dentro di noi, si trasforma in qualcosa d’altro: indifferenza, cinismo, giudizio.
Con le dirette televisive abbiamo inoltre imparato ad uscire dal nostro Spazio spesso rinunciando a coltivare quello nostro interiore, barattandolo con una maggiore frequentazione a morsi e bocconi di quanto avviene altrove e che possiamo vedere nei minimi dettagli come ci fossimo anche noi. E’ come se ci fossimo stati, ci viene da pensare, ma è solo un’illusione. Noi non ci siamo mai stati in mezzo a quel dolore.
Con le dirette televisive ci espandiamo senza crescere, trasformati in bolle che crescono crescono crescono e poi, per forza, scoppiano di indifferenza, cinismo, giudizio.
E se invece , a nostra insaputa e, grazie anche a queste dirette, si stesse espandendo anche il nostro nucleo?
Gli effetti della televisione sull’uomo.. Neil Postman lo spiega, ogni nuovo mezzo di comunicazione porta con se il paradigma di cui è fatto come contenuto stesso del messaggio.. È stato così con la stampa, ed è così con la tv. Come a dire, la tv è un mezzo freddo, le persone diventano ciniche. La tv è un “riquadro” che circoscrive la realtà, le persone imparano a vedere la realtà non più nel suo insieme, ma a frammenti. Strano che nessuno gridi allo scandalo, per aver messo le menti di milione di persone in balia degli schermi retroilluminati. Forse pochi si sono accorti che il nostro cervello evolutosi geneticamente in milioni di anni, non è assolutamente preparato al mezzo di finzione televisiva.. Tanto da scambiarlo per qualcosa di reale! Poi fosse solo questo il problema.. Il problema è anche il messaggio vero e proprio che la diretta veicola. Non fanno mai vedere una nonna che cuce, un papà che gioca con i suoi figli, una moglie che si preoccupa di far tornare i conti a fine mese ma che sorride perché non è sola, ha una famiglia.. No. Fanno vedere solo e sempre miseria, nel tentativo misero, forse, di demonizzarla, non rendendosi conto invece di sottolinearla e di farcela ricordare tutta, questa miseria della condizione umana.. Andrebbe ritardata, direbbe una persona di buon senso, non accelerata.. Evviva la vita vera, le emozioni vere, l’amore vero, il coraggio e la sana pazzia!
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