«Ho scommesso 100 dollari – diceva – perché spero che non riesca a scoprirla, la famosa “particella di Dio”. Credo che sarebbe più eccitante se non lo trovassimo; dimostrerebbe che c’è qualcosa di sbagliato nelle nostre idee e che dobbiamo pensare di più per trovare altre spiegazioni”.
Così sosteneva geniamente Stephen Hawking, astrofisico britannico noto per i suoi buchi neri, affetto da atrofia muscolare progressiva e morto questa notte. Un uomo davvero risvegliato da quel sonno ipnotico che ci fa credere soltanto a quello che già conosciamo e che ci trattiene legati ad una camicia di forza, l’incapacità di guardare dove ancora il nostro occhio non si é posato, la mancanza di coraggio di toglierci quel paraocchi fatto di false credenze e di paure .
Hawkins, paradossalmente, ha saputo sperimentare la vita da una visione più ampia, nonostante la sua condizione avrebbe potuto relegarlo in una piccola pozione di mondo, restringendosi giorno dopo giorno.
Ma questi paradossi sono molto più frequenti di quanto siamo portati a credere perché la nostra unità di misura non tiene conto di chi, forse, non indaga sull’origine dell’universo ma quotidianamente cambia la percezione che fino a poco prima aveva avuto del mondo e di sé. E lo fa magari lontano dalle telecamere, il suo nome é sconosciuto ai più, le sue scoperte non hanno nulla di sensazionale ma, nonostante tutto questo, riesce a ricordarsi di sé e, da quella postazione, si accorge che fino a quel momento aveva vissuto dormendo.
Sono tante, sono sempre di più infatti le persone che approdano a più alti livelli di coscienza, forse proprio perché viviamo oggi in un mondo così polarizzato su un conflitto di credenze da indurre a scegliere di ripulirsi dall’accumulo di paure cercando un senso più alto e più profondo a quei falsi programmi di vita. Sono tante le persone che si accorgono di come in ogni istante si possa scegliere a quale scenario di realtà partecipare, smettendola di vivere in modo meccanico, ripetitivo , disinserendo vecchi programmi obsoleti e cercando di recuperare la capacità di lasciarsi guidare dalla coscienza. Sono infinte le possibilità di approdare a futuri motivanti che portino alla luce le nostre potenzialità che abbiamo lasciato dormire magari troppo a lungo.
Hawking é stato uno scienziato, non un ciarlatano e, come uomo di scienza, é stato prima di tutto un visionario capace di usare non solo la sua razionalità ma anche e, ancora prima, la sua immaginazione. E’ stato capace di esplorare la realtà con un nuovo senso, con quello che la sua immaginazione gli suggeriva, forse non sapendo cosa avrebbe trovato al di là del conosciuto ma sapendo che era suo diritto e suo dovere spingersene al di là perché ciò che cercava già c’era ma nessuno se ne era ancora accorto.
E questa é la vita, non solo di uno scienziato ma di tutti noi, questo cercare di spingerci sempre al di là di quello che abbiamo creduto di essere fino ad un istante prima, a quelle immagini di noi che gli altri ci hanno rimandato perché noi ci siamo presentati loro attraverso la nostra personalità ma molto raramente attraverso la nostra essenza. Ma é da quella essenza, da quello che noi siamo ai nostri livelli interiori profondi, che deve partire la spinta ad evolverci e a camminare su quel terreno cosparso di segnali che ci riguardano e che forse solo noi sappiamo leggere, come fossero boe che segnano il nostro percorso.
Fino a quando viviamo dormendo non possiamo desiderare quello che ancora non c’é ma quando ci accorgiamo che siamo zombie più morti che vivi, allora possiamo incominciare ad aprire gli occhi e a “vedere”, anche se quello che vediamo é solo un frammento della nostra piccola esistenza umana.
(nella foto Stephen Hawking con Mirella Santamato da me intervistata per Dol’s)